Reportage

SULLE TRACCE DEI WALSER

I WALSER, GIUNTI DALLA VALLE PERDUTA

“Prima del grande gelo, le montagne toccavano il cielo e lo sorreggevano. Non c’era neve sulle vette, ma tanti fiori e lievi ali di farfalle. Le cime erano sacre, fatte per gli dei, ma non esistevano confini. Gli uomini incontravano nei boschi le divinità. I bambini e i folletti ruzzolavano insieme nei cortili. Gli gnomi la sera rubavano le slitte per scivolare sul prato e le mamme chiamavano le fate per cullare i loro piccoli. Un giorno tutto finì e fu colpa di un uomo. Si chiamava Ulisse. Si chiama sempre Ulisse quello che varca i confini…”
Questo narra un’antica leggenda Walser, un popolo giunto da una valle perduta, al di là del confine svizzero.

ALLA RICERCA DI NUOVE TERRE AL DISGELO DEI GHIACCIAI

I Walser (dal tedesco Walliser, cioè abitante del Canton Vallese) sono una popolazione di origine germanica proveniente dall’alta valle del Rodano. Approfittando di una fase climatica in cui i ghiacciai si erano ritirati e molti valichi alpini erano percorribili per gran parte dell’anno,
nel giro di due secoli (XII e XIII sec.) si insediarono nelle valli meridionali del Monte Rosa e nella Val Formazza arrivando fino al Canton Ticino.

ISOLATI DALLA PICCOLA GLACIAZIONE

Durante la “Piccola Glaciazione” (XVII sec.) però, l’abbassamento di 1° C ogni vent’anni, fece accrescere i ghiacciai, bloccando le antiche vie di comunicazione. Le singole comunità rimasero isolate e furono talvolta costrette ad abbandonare le tradizionali attività legate all’agricoltura e alla pastorizia, emigrando in cerca di lavoro in vallate sempre più a basse quote.

L’INIZIO DEL MITO

L’isolamento dalla terra d’origine favorì il nascere della leggenda di una valle perduta, al di là dei ghiacci del Monte Rosa, detta anche “Valle dei camosci”. Una sorta di eden alpino, patria di origine delle popolazioni Vallesi. Si diffuse anche il mito di una città famosa, sommersa dai ghiacciai: la città di Felik, tuttora ricordata nei toponimi dell’omonimo ghiacciaio e della punta Felik.

ALLA SCOPERTA DELLA VALLE PERDUTA

E poiché tutto ciò che è avvolto dal mistero affascina, nel 1778, sette ragazzi gressonari partirono in cordata da Gressoney alla ricerca della famosa valle. Aggrappati ad una roccia emergente dai ghiacci, in prossimità del Colle del Lys, videro in lontananza una vallata verdeggiante e tornarono certi di aver avvistato la valle perduta. Da allora, quello sperone roccioso si chiama “Roccia della Scoperta”.
Un giornale parigino parlò di “Nuova età dell’oro”. Ma la vallata in lontananza era in realtà la Valle di Zermatt. La valle perduta era solo una favola: era il mito della patria lontana.

“CAMMINA COME UN WALSER!” si diceva un tempo, per qualificare il passo lungo e cadenzato tipico di questi popoli di camminatori.

Ripercorriamo due itinerari, attraverso i quali, questo popolo, valicando i passi e attraversando i ghiacciai, è giunto alle pendici del Monte Rosa e nella Val Formazza.

PRIMO ITINERARIO: dal COLLE DEL TEODULO alla VALSESIA GRANDE SENTIERO WALSER – Percorso per escursionisti esperti

Partiamo dal Colle del Teodulo (3317 m). Da una parte l’incofondibile sagoma del Monte Cervino, dall’altra l’imponente catena del Monte Rosa ci trasmette un senso di colossale maestosità. Vicino a noi la cresta dei Breithorn. L’aria è rarefatta. Il silenzio è rotto solo dal grido delle aquile e dal precipitare delle valanghe. Il sole è accecante, rispecchiato dal manto delle nevi perenni. Eppure qui un tempo crescevano i fiori, come raccontano le antiche leggende Walser.

Dovevano essere coraggiosi questi popoli. La montagna non perdona. Impervi crepacci inghiottono chiunque faccia un passo non cauto, per riportarlo sotto i ghiacci, e ricondurlo nella ricca città di Felik, sommersa dalle morene del Lys.
Si cammina con fatica sulla cresta. Un passo dopo l’altro. Ed ecco che ci appare, nascosto dalle nuvole, il candido manto del Plateau Rosa.

LA VALLE DI AYAS

Attraversiamo il Testa Grigia in direzione del Castore e arrivati al Ghiacciao di Verra, iniziamo a scendere in un’incredibile affascinante vallata. È la Valle di Ayas (Clicca il link per scoprire il nostro video/progetto). Un gruppo di tre stambecchi sembra volerci accompagnare nella nostra discesa. Quanto vorremmo avere in prestito la loro agilità!

Arriviamo in un luogo incantato, sulle rive del Lago Blu. Anche gli scheletri degli alberi che interrompono coi loro riflessi il blu intenso del lago, sembrano avere un gran fascino in questo angolo di paradiso. Attraverso un ponticello giungiamo ai Piani Di Verra Superiori, scavati dalle correnti di un apparente rigagnolo d’acqua che, in millenni, ha formato una vallata incantevole.
Oltrepassando le intime casette di Saint Jacques, ritorniamo nella civiltà: siamo nel centro di Champoluc, rinomata localita sciistica, del comprensorio Monterosa SKI.

LA VALLE DEL LYS

E visto che noi non camminiamo come i Walser, approfittiamo degli efficientissimi impianti di risalita che ci permettono comodamente di attraversare la valle di Gressoney-la-Trinité (detta anche Valle del Lys, dall’omonimo fiume), il Passo dei Salati, fino ad arrivare ad Alagna, in Valsesia e sui ghiacci del Ghiacciaio Indren.

SECONDO ITINERARIO: dal PASSO DEL GRIES alla VAL FORMAZZA

Ci troviamo sul passo del Gries. Il sentiero è stretto, ma i nostri occhi lasciano spesso il selciato, rapiti dal turchese di un laghetto alpino che sembra disegnato dalla mano innocente di un bimbo e colorato coi Caran D’ache. Siamo in balia del vento che soffia con forti raffiche. Alcune pale eoliche girano a ritmi diversi. In poco meno di due ore, arriviamo in un palcoscenico di montagne che racchiude in una vasta conca il lago di Morasco. I contrafforti rocciosi si specchiano nell’acqua come in un dipinto. Si sente il respiro dei fiori e il loro profumo.

Un timido ruscello scende fino al lago. Anche un camoscio, senza far rumore, raggiunge le rive per bere. La pace sembra abitare qui, eppure questo posto nasconde una storia. Sotto il bacino, esisteva un villaggio Walser dal XV secolo, abitato da venti famiglie che furono espropriate negli anni Trenta, per la costruzione della centrale idroelettrica.

MORASCO IL PAESE SOMMERSO

Il progresso chiede spazio. E qui l’uomo non ha risparmiato nemmeno se stesso. Racconta un’anziana signora che sua nonna, abitante di una delle case del villaggio sommerso, fu costretta ad accettare 86.000 lire quando una mucca ne costava 400. “Il nonno ne aveva venduta una a 1000 lire perchè era molto bella!”, aggiunge. Forse perché i prati in alta montagna davano un’erba davvero speciale. L’acqua non risparmiò quelle distese d’erba e nemmeno il piccolo oratorio dedicato a Sant’Anna e San Lorenzo. In ricordo di Morasco e degli operai morti durante i lavori per erigere la diga, la Edison, ora Enel, fece costruire una chiesetta su una collina nei pressi di Riale, a pochi passi dal lago.
E dire che quella chiesetta sembra un angolo di serenità…

VAL FORMAZZA

Siamo nella bellissima Val Formazza: un piccolo gioiello alpino della provincia del VerbanoCusioOssola. La sua posizione strategica, con un nodo di passi attraversati da secoli dai someggiatori lungo le vie europee del sale, del vino e dei formaggi, ne ha fatto la prima e la più importante delle colonie Walser. Il vero e proprio nido dell’aquila di questo popolo, la cui cultura è ben visibile nelle tipiche abitazioni e nella lingua di molti toponimi che riportano la doppia denominazione.

Attraversiamo il paese di Riale, appartato e silenzioso, in mezzo ai vicoli che si fanno spazio tra gli agglomerati delle deliziose baite, romanticamente decorate e con appese le slitte in legno (“gli gnomi la sera rubavano le slitte per scivolare sul prato…”).

La valle si presenta ampia e verdeggiante, ricca di pascoli indisturbati, e percorsa per intero dal fiume Toce che seguiamo fino al punto in cui forma un monumentale scenario.

LE CASCATE DEL TOCE

Tra le più poderose cascate delle Alpi, con un salto di 143 metri, la Cascata del Toce nella sua maestosità è visibile solo per brevi periodi dell’anno, in quanto le acque del fiume vengono raccolte nel bacino di Morasco per poi essere utilizzate per la produzione di energia elettrica. Sulla sommità sorge un albergo in stile Decò.
Lì accanto, un ponticello in legno proteso sopra il salto è un fantastico punto di osservazione.

Ci inoltriamo sul ponte per ammirare l’imponente spettacolo…
L’acqua scioglie i suoi capelli nella cascata. Rocce taglienti dividono le sue chiome. Rombi di tuono urlano il pericolo e nuvole di vapore si perdono nell’aria. Coraggiosa, salta, riprende forma e prosegue, nella pace, la sua strada.

Dopo un grande “salto nel vuoto”, la vita può cambiare.
Dobbiamo solo imparare a respirare di nuovo, nella nostra intima, insostituibile essenza: l’anima.

“I pensieri sono liberi, nessuno li può conoscere…
I miei desideri e i miei sogni nessuno li può fermare…”

(tratto da un canto Walser)

Testo di Scilla Nascimbene

Foto – ©Matteo Marinelli e ©Scilla Nascimbene

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