Reportage

Mantova – IL RISVEGLIO DEI FIORI DI LOTO

Tra i campi bagnati di nebbia e le esili cime dei pioppi da cui i falchi contemplano l’alba sulla pianura ai piedi del Garda, si arriva a un’ansa in cui Mincio si allarga in tre laghi tranquilli, dove sagome di antichi palazzi colorano di rosso riflesso fortezze di nobili ducati.

Torri e campanili si specchiano nell’acqua e nel cielo si contendono il primato, mentre arcate di ricche dimore si rincorrono tra luci ed ombre nell’eterna danza col sole e la luna.

File di merli ghibellini disegnano l’orlo di antiche fazioni e affreschi sgargianti con cani, cavalli e scene di corte decorano muri di torri inespugnabili, con putti curiosi che guardano il cielo attraverso una botola.

Scorre l’acqua nel fossato del Castello dai piedi bagnati, scavando quieta le sue vie segrete, tra le umide cantine e le tetre prigioni in cui sembra ancora di sentire le urla dei malcapitati che gridano invano la loro innocenza.

Coppie di piccioni romantici cercano l’amore nelle nicchie, danzando la loro monogamia sui muri consumati dal tempo, che hanno segretamente nascosto da tutti gli sguardi indiscreti travolgenti e inconfessabili passioni tra duchi galanti e infedeli e incantevoli dame di corte, anch’esse ballerine dell’amore, ruffiane quanto le balze delle loro pompose gonne.

Cadono i Giganti dalla volta di Palazzo Te e i nani si perdono nel labirinto di Palazzo Ducale, inebriati dal dolce profumo sprigionato dai fiori di loto, che agghindano con tonde ninfee il fresco vestito che Mantova sfoggia nei suoi balli d’estate.

Elegantemente appoggiata su due isole formate dai detriti del Mincio, Mantova seduce con quel suo raffinato fascino, riflesso con grazia dalle acque da cui sembra emergere, come in una tela dipinta, in cui arte e storia dialogano con i piedi a mollo nel fiume, percorso da gobbi barcaioli che remano con lenta fatica, tra candidi cigni che sfilano e furbi aironi cenerini in cerca di pesci distratti.

Mantova è un elegante museo diffuso, da scoprire a piedi o in bicicletta, sotto i portici di Piazza delle Erbe, lungo la Via del Broletto, tra l’invitante profumo di tortelli di zucca genuini o della torta sbrisolona appena sfornata.

Concezioni architettoniche si amalgamano, testimoniando il suo glorioso passato: dagli etruschi ai romani, ad un fecondo medioevo in cui entrò a far parte dei possedimenti dei Canossa, al potente ducato dei Gonzaga, che fece di Mantova un raffinato atelier dei più illustri artisti del tempo.

LE ORIGINI LEGGENDARIE

Le origini etrusche della città rimangono legate nella mitologia all’indovina Manto, fuggita da Tebe che, rifugiandosi in un luogo palustre, formò un lago con le sue lacrime. Manto sposò il dio del fiume e dalla loro unione nacque Ocno, che nel mezzo di quel lago fondò una città, chiamandola Mantua in onore della madre.

GLI AMANTI DI VALDARO

Risalgono però all’età preistorica i primi insediamenti: numerosi i ritrovamenti archeologici sul territorio mantovano, tra i quali una particolare scoperta, la cui notizia ha fatto il giro del mondo: si tratta degli scheletri neolotici abbracciati, rinvenuti nel 2007 a Valdaro, alle porte di Mantova che oggi li espone nel suo Museo Archeologico sotto questa scritta: “L’archeologo scavando non porta alla luce oggetti, ma esseri umani” (Sir Mortimer Wheeler).

Non lascia indifferente, infatti, la grazia, intima e quasi commovente, con cui quei giovani si avvolgono l’un l’altro anche dopo la vita, uniti da migliaia di anni in un patto che li protegge per sempre. Non sembrano turbati: i loro volti vicini danno l’impressione di complicità e nella stessa appaiono sereni.

LE GEORGICHE DI VIRGILIO, POETA MANTOVANO

Mette pace, in effetti, la vista di quelle pianure fertili e verdeggianti, ove si insediarono le prime civiltà e dove ancora oggi il silenzio regna, insieme alla monotonia dei ritmi della vita agreste, in cui le antiche tradizioni si tramandano nel tempo. Dalla contemplazione di quel soave paesaggio nacquero le Georgiche di Virgilio, il grande poeta mantovano, che sopra ogni cosa cantò la poesia della terra, intimamente legata alla visione dei campi nativi.

L’ORFEO DI MONTEVERDI E LA NASCITA DEL MELODRAMMA

Ma Ocno costruì le case sulle due isole formate dai detriti del Mincio e ponti per unire le sponde, perché i pastori abitassero anche la nuova città. Sapeva suonare il flauto e intonare melodie con la cetra e questo insegnò loro, affinché le tramandassero ai figli. E forse allora non sarà un caso se proprio a Mantova nacque il melodramma, che diede inizio all’opera lirica. Qui Monteverdi scrisse l’Orfeo, che suonò per la prima volta a Palazzo Ducale e Vivaldi compose le Quattro stagioni, ispirato dai paesaggi mantovani.

IL RIGOLETTO DI GIUSEPPE VERDI E L’OPERA LIRICA

Mantova è anche la scenografia naturale di una delle opere liriche più conosciute al mondo: il Rigoletto. Camminare per la città, visitare la Casa di Rigoletto e vedere la Rocca di Sparafucile, intonando la celebre aria “La donna è mobile…” significa diventare un po’ protagonisti dell’opera verdiana.

PATRIMONIO MONDIALE DELL’UNESCO E CAPITALE DELLA CULTURA

Sarebbe bastato questo per meritare il titolo di Patrimonio mondiale dell’Unesco nel 2008 e quello di capitale della cultura conferitole nel 2016, ma Mantova è una cittadina ricca di angoli da scoprire, calpestando il vecchio acciottolato dei suoi vicoli, davanti alla Rotonda di San Lorenzo, al duecentesco Palazzo del Podestà, o alla Torre dell’Orologio, o entrando in punta di piedi nella Basilica di Sant’Andrea, progettata da Leon Battista Alberti e custode della reliquia del Sangue di Cristo, portata, secondo la tradizione, dal centurione romano Longino.

È bello fermarsi al centro delle sue piazze che si svuotano dopo i mercati, e voltarsi a 360 gradi, mentre l’occhio si posa su ogni pezzo di storia, per poi ritrovarsi in un cortile dove colonne schierate come soldati sorreggono volte con affreschi principeschi.

PALAZZO DUCALE

Siamo all’interno del Palazzo Ducale, la residenza nobiliare più estesa d’Europa. La magnificenza è ovunque: tra gli arazzi fiamminghi, i quadri di Rubens, la Camera degli Specchi o i giardini pensili e il curioso Appartamento dei nani.

È affascinante confondere lo sguardo tra i muscoli delle figure mitologiche della Sala di Troia, o soffermarsi nell’intimo studiolo di Isabella d’Este,  salire sulla macchina del tempo per ritrovarsi davanti a lei: la donna più alla moda dell’epoca che, col suo stile, ispirò le dami francesi del Rinascimento.

LA CAMERA DEGLI SPOSI

I Duchi hanno voluto rendere immortale lo sfarzo della loro corte attraverso il pennello di abili pittori: così la Camera degli Sposi, capolavoro assoluto di Andrea Mantegna, “la più bella camara del mondo”, come veniva definita dai contemporanei, rimane ancor oggi una delle perle della città, con quei putti curiosi affacciati dal soffitto; o la Sala del Labirinto, dove si trova il motto “Forse che sì, forse che no”, che ispirò a D’Annunzio il titolo del suo romanzo.

PALAZZO TE

Ma ancora Mantova sorprende per gli straordinari affreschi di Palazzo Te, detto anche “Palazzo dei lucidi inganni”: l’isola felice, realizzata da Giulio Romano nel 1525 e voluta da Federico II Gonzaga per ricevere ospiti illustri e intrattenersi con la sua favorita Isabella Boschetti. La residenza vanta ambienti spettacolari, dalla Sala dei Cavalli, alla Camera del Sole e della Luna, dalla Camera dei Venti a quella di Amore e Psiche, arrivando alla famosa Sala dei Giganti, in cui una sensazione di stupore colpisce il visitatore in un turbinio di forme, colori e figure abbaglianti, trovandosi nel bel mezzo di una lotta tra creature mitologiche.

LA FIORITURA DEI FIORI DI LOTO

“Vale un viaggio di mille miglia”, scriveva Torquato Tasso, riferendosi alla città. Chissà se lo scrittore la visitò anche nei mesi di luglio ed agosto: in quel periodo, infatti, il Lago Superiore esplode di colori, ricoprendosi di un manto di ninfee e della distesa dei fiori di loto più grande in assoluto, solo dopo il Giappone. Così, i barcaioli del Mincio propongono affascinanti itinerari fluviali alla scoperta di questa magica città, navigando lenti tra canneti, ninfee, salici piangenti e fiori di loto che sbocciano baciati dal sole d’estate.

IL FANTASMA DI AGNESE VISCONTI

Una storia tragica quella della povera Agnese Visconti (1363-1391), figlia di Bernabò Visconti e sposa di Francesco I Gonzaga Signore di Mantova. A soli 28 anni il marito decise di eliminarla poiché divenuta politicamente scomoda, utilizzando l’accusa di tradimento con il cavaliere Antonio da Scandiano. Si pensa che tale accusa fosse una montatura, ma la verità  non si saprà mai perché gli atti del processo non sono stati resi noti. Antonio da Scandiano, per difendere Agnese, giurò di averla violentata. Agnese negò fino alla fine. Furono condannati a morte e sepolti insieme in Piazza Lega Lombarda, dove oggi è posta la targa in memoria. Quella però non era terra consacrata e alcune leggende narrano che il fantasma di Agnese si aggiri ancora nel castello poiché non riesca a trovare pace.

Numerosi testimoni giurano di aver sentito nella piazza lo straziante lamento di una donna; altri invece dichiarano di aver visto di notte attraverso le finestre del Castello, una specie di luce spettrale.

Difficile dire se si tratti del fantasma di Agnese oppure di una suggestione,

nel 2011 però l’immagine del fantasma della giovane è stato rilevato da una macchina fotografica, benché non si avvertisse la sua presenza ad occhio nudo. Dopo “l’apparizione”, in un’altra stanza è caduto un oggetto, non vi erano né finestre aperte, né correnti d’aria.

BIBLIOTECA TERESIANA

Fondata dall’imperatrice Maria Teresa d’Austria nel 1780, la Biblioteca fu in origine Museo Antiquario e Biblioteca dell’Accademia di scienze e belle lettere, per cui sopravvivono in essa piccole sezioni di oggetti d’arte. Oggi ospita la sede della Biblioteca Comunale.

DAL CENTURIONE LONGINO AI SACRI VASI

Nella cripta della Basilica di Sant’Andrea sono custoditi i Sacri Vasi che contengono, secondo la tradizione, il terriccio intriso del sangue di Cristo.

Le reliquie si trovano in un’urna di marmo chiusa da 12 chiavi d’oro massiccio, tre delle quali custodite dal prefetto, tre dal vescovo, tre notaio e tre dal sindaco.

I Sacri Vasi vengono esibiti durante la processione del Venerdì Santo e il 13 marzo vengono poste sull’altare, in ricordo del 13 marzo 1045, giorno in cui furono ritrovate in seguito ad un furto.

La storia narra che il centurione romano Longino trafisse con la sua lancia il costato di Gesù. Il fiotto di sangue che uscì non appena estrasse la punta, gli finì diritto negli occhi, guarendolo all’istante da una malattia che lo aveva reso quasi cieco.“Davvero costui era il Figlio di Dio!” esclamò a quel punto Longino che, incredulo di fronte al miracolo, prese la spugna con la quale aveva dissetato il Cristo e un pugno di terra intriso del suo sangue. Con le due reliquie custodite in una cassetta metallica, Longino iniziò a predicare il miracolo in terre lontane finché, nel 37 d.C, arrivò fino a Mantova, dove decise di nascondere la cassetta in una buca scavata fuori dale mura, nel luogo in cui, qualche secolo dopo, verrà costruita la chiesa di Sant’Andrea.

Ottocento anni più tardi, a un certo Adalberto comparve in sogno l’apostolo Andrea che gli indicava il punto esatto dove si trovavano le reliquie.

Così Adalberto, quasi cieco, cominciò a scavare nel luogo che gli era stato rivelato finché trovò una cassettina di piombo e, non appena la aprì, riacquistò la vista.

Fu dal secolo XI, quando papa Leone IX le dichiarò “autentiche” che si scatenò la caccia alle reliquie, le quali vennero più volte rubate. Isabella d’Este nel 1530 commissionò a Benvenuto Cellini due vasi per riporre ciò che rimaneva della spugna e del terriccio, ma essi furono trafugati e distrutti a metà dell’Ottocento dall’esercito austroungarico.

Fortunatamente, alcuni grumi della terra intrisa del sangue del Cristo erano stati nascosti nella Chiesa di Santa Barbara e vennero riposti in due vasi d’oro massiccio, oggi custoditi nella cripta nella Basilica di Sant’Andrea. In una delle cappelle si conservano anche le ossa del centurione Longino, in un’urna recante l’iscrizione: “Longini eius qui la tus Christi percussit ossa” (Ossa di Longino, colui che colpì il costato di Cristo).

Storia raccontataci dal Signor Lauro, sacrista della Basilica di Sant’Andrea, convertitosi alla fede a metà della sua vita, come il centurione Longino.

CASA DEL MANTEGNA

L’edificio fu costruito dal Mantegna nel 1476 su un terreno donatogli dal marchese Ludovico Gonzaga, forse come premio per il compimento degli affreschi della Camera degli Sposi. Mantegna innalzò un palazzo su due piani, concepito su una pianta quasi quadrata, nel cui centro si iscrive il cortile circolare. La sua cultura antiquaria e, probabilmente, l’influsso delle opere del Leon Battista Alberti, lo indussero a realizzare, nel linguaggio dell’Umanesimo architettonico, un edificio residenziale in cui – evidente richiamo alla domus romana – l’atrium diviene un cortile attorno al quale si dispongono gli ambienti adiacenti.

PALAZZO SAN SEBASTIANO E FAMEDIO

Situato sull’asse viario che collega Palazzo Ducale a Palazzo Te, Palazzo San Sebastiano conserva una parte delle opere appartenenti alle Collezioni Civiche che raccontano i momenti più emblematici della storia di Mantova e la sua grande civiltà artistica.

A pochi passi, il Tempio di San Sebastiano, è una chiesa progettata da Leon Battista Alberti, a partire dal 1460, oggi adibita a famedio dei caduti.

Nella cripta, scandita da grossi pilastri sui quali sono incisi i nomi dei caduti per la Patria, sono conservati i resti di alcuni Martiri di Belfiore e le forche ai quali furono appesi.

A TU PER TU CON IL SINDACO: IL NUOVO PROGETTO “MANTOVA CICLABILE”

Non capita tutti i giorni di fermarsi a prendere un caffè e trovarsi per caso a tu per tu con il sindaco della città. Non mi sono lasciata sfuggire l’occasione di scambiare quattro chiacchere con Mattia Palazzi, 42 anni, sindaco di Mantova dal 2015. “Ha visto il nuovo ponte a Porto Catena?” mi chiede; “L’abbiamo appena inaugurato!”. Inizia così a spiegarmi che il nuovo ponte mobile che collega due quartieri ai laghi, inaugurato il 19 gennaio 2020, fa parte di una serie di interventi, già realizzati, di riqualificazione di spazi urbani destinati alla mobilità sostenibile. Il ponte è infatti l’ultimo anello del tratto ciclo-pedonale che congiunge il Po al lago di Garda e costituisce l’opera più rilevante di un progetto che riguarda la viabilità urbana di Mantova e la valorizzazione ecoturistica del territorio.

“Mantova ciclabile” è il nome di questo progetto che prevede la creazione di un articolato sistema di percorsi ciclo-pedonali per collegare i quartieri ad ovest della città con il suo centro storico e connettere la stessa alle importanti ciclovie europee, rafforzandone le potenzialità turistiche.

Un progetto reso possibile da un investimento di Fondi Europei e dello stesso Comune di Mantova, il cui lungolago, nel mese di maggio, diventa palcoscenico del BAM, il raduno europeo dei viaggiatori in bicicletta.

Il sindaco ci tiene infine ad informarmi che nell’area di San Nicolò, accanto al ponte, è in costruzione un ostello da cinquanta posti per i ciclo turisti e che l’obiettivo dei prossimi anni sarà quello di recuperare l’area del porto, per fornire servizi turistici sulla tratta fluvio-marittima Venezia – Mantova.

Finita quindi la pausa caffè, non mi resta che avviarmi verso Porto Catena,  per andare a toccare con mano questo nuovo strategico ponte!

MUSEO DI PALAZZO D’ARCO

Splendida residenza rinascimentale dei conti d’Arco, completamente arredata come ai tempi dell’ultima discendente della nobile famiglia. Di notevole valore artistico e storico la pinacoteca e la cucina ottocentesca, fornita di oggetti di rame dell’epoca.

MUSEO TAZIO NUVOLARI

La leggenda del “Mantovano Volante” rivive nel Museo Tazio Nuvolari, che raccoglie il lascito del grande campione, oggi custodito da Automobile Club Mantova. Attraverso raccolte di immagini e trofei, il museo racconta la vita del “più grande pilota del passato, del presente e del fututo”: una delle più emozionanti e incredibili storie umane e sportive del Novecento.

A SPASSO TRA I SAPORI MANTOVANI

“Quella fotografia è stata scattata nel 1964 in Via San Longino, proprio qui davanti”, ci dice indicando una foto in bianco e nero appesa in un quadro dietro la cassa. “Avevo 14 anni e mi avevano appena messo in regola e dato la giacchetta bianca e il tradizionale cappellino da pasticcere e, siccome io sono un po’ all’antica, ho deciso negli anni di mantenere questo e non di cambiarlo con quelli che usano i pasticceri di oggi”.

Così inizia a raccontarci la sua storia da piccolo artigiano, il Signor Giovanni Comparini, 70 anni, titolare della pasticceria più antica della città, la Tur dal Sucar (Torre dello Zuccaro), dal nome di una delle cinque torri che spiccano nello skyline di Mantova, l’unica però col tetto a spiovente, come ci tiene a sottolineare il noto pasticcere. Sì, perché al di là del suo atteggiamento tutt’altro che altezzoso, il Signor Giovanni è stato più volte protagonista di trasmissioni televisive e articoli su note riviste, non solo italiane. Una star della pasticceria, ma anche e soprattutto un gran lavoratore, che mentre ci mostra le sue specialità, fa andare svelte le mani, farcendo per noi una deliziosa torta Elvezia.

“Nella pasticceria tradizionale non si butta via niente!”, ripete più volte, “è uno dei segreti del guadagno”, mi sembra di capire da una frase detta bassa voce in dialetto, “me l’ha insegnato il mio titolare quando ero un ragazzino. È lui che ha fondato questa pasticceria nel 1930  ed io l’ho prelevata nel 1972, quando avevo 22 anni.

Questo slideshow richiede JavaScript.

La nostra torta più nota è la Sbrisolona, una torta secca che si chiama così in dialetto mantovano perché non si taglia col coltello ma si rompe con le mani, proprio perché si sbriciola.

Ma la torta mantovana più nominata a livello europeo è l’Elvezia: tre dischi di pasta di mandorle farcita con uno strato di crema al burro e al rhum e uno di crema allo zabaione, preparato ancora nella pentola di rame.

Dopo averci mostrato le altre specialità, scritte anche in un quadretto fatto a mano da una sua cliente ed esposto in vetrina, abbandoniamo a malincuore quell’oasi di dolci profumi, continuando il nostro tour tra i sapori mantovani addentrandoci in un botteghino in Via Orefici con un’etichetta sulla vetrina: “ Negozio storico –  Regione Lombardia”.  È del Signor Bacchi Giovanni, che dal 1967 gestisce questa salumeria piena di prelibatezze, tra cui salumi e formaggi tipici e tanti tipi di mostarda, in particolare quella fatta con mele e pere, originaria della città di Mantova. “Questa salumeria è nata quando ancora le strade non erano asfaltate”, ci dice il Signor Giovanni, mostrandoci una vecchia foto del suo negozio”; prima non c’erano i supermercati e i prodotti non erano chiusi sotto vuoto e si facevano assaggiare!”, aggiunge offrendoci una fetta di prosciutto crudo appena tagliato con la sua affettatrice Berkel, “I clienti si fermavano a scambiare due chiacchiere”, continua con aria un po’ malinconica… ma certo sembra che il Signor Giovanni questo bel vizio l’abbia conservato in maniera eccellente: nel giro di pochi minuti ci aveva già raccontato curiosi aneddoti della sua storia e pareva non avesse nessuna intenzione di fermare il suo racconto nemmeno quando entravano altri clienti, che finivano per essere travolti dalla simpatia di quell’uomo!

“Se cercate qualcosa di buono, siete nel posto giusto!” ci accolgono raggianti nella Forneria delle Erbe, le cui vetrine piene di coloratissimi vasetti di mostarda, dolci e pasta fresca mantovana attirano l’attenzione di tutti i passanti, sotto i portici dell’omonima piazza.

E dopo aver fatto uno spuntino e scelto qualche leccornia da portare a casa, si è fatta ora di pranzo e decidiamo di gustarci sui tavolini nella bella Piazza delle Erbe dei deliziosi tortelli di zucca, agnolini mantovani e risotto alla pilota, apprezzati fino all’ultimo perchè, come dice il Signor Giovanni pasticcere: l’importante è non buttare via niente!”.

Testo di Scilla Nascimbene

Foto – ©Matteo Marinelli e ©Scilla Nascimbene

In collaborazione con la Rivista “ITINERARI e LUOGHI“:

l’articolo completo con gli itinerari, gli approfondimenti e le informazioni utili nel numero 278 – marzo 2020

Ringraziamo:

Mattia Palazzi – Sindaco di Mantova

Ruocco Margherita – Complesso Museale di Palazzo Ducale e Museo Archeologico – Su gentile concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali

Paola Madio – Palazzo Te, Palazzo San Sebastiano, Famedio, Teatro Bibiena

Elena Vasconi – Palazzo San Seastiano e Famedio

Silvia Tosetti – Museo di Palazzo d’Arco

Moira Sbravati e il custode Ferruccio – Casa del Mantegna

Chiara e Maria Sara – Info Point – Casa di Rigoletto

Ornella Grossi – Torre dell’Orologio

Elena e Gabriele – I Barcaioli del Mincio

Chiara Pisani – Biblioteca Teresiana

Don Renato Pavesi e il sacrista Lauro – Basilica di Sant’Andrea

Lo staff dell’Osteria delle Erbe

Giovanni Comparini – Pasticceria La Tur dal Sucar

Giovanni Bacchi – Salumeria Bacchi

Silvia Bellini – Museo Tazio Nuvolari

Itinerari e Luoghi

Scopri i nostri REPORTAGE  CLICCA QUI